Didattica a distanza e privacy: WhatsApp da evitare categoricamente, ecco perché

Tra gli strumenti utilizzati per la didattica a distanza WhatsApp, nato per la comunicazione tra privati, spesso viene adottato da docenti e studenti. Perchè? Sicuramente per pigrizia. Si tratta dell’app più diffusa per la comunicazione ma di certo non è adatta ad una comunicazione tra docenti e studenti. Proviamo a vedere perchè.

Le disposizioni in materia di Privacy a livello europeo indica on 16 anni l’età per disporre di un numero telefonico personale. Praticamente uno studente che ha età inferiore a 16 anni dovrà fare ricorso alla sottoscrizione da parte del genitore il quale è responsabile di tutto quel che avviene con quel numero. Leggendo la documentazione di Whats App si apprende che poiché essa di basa esclusivamente sull’individuazione dell’utenza attraverso il numero di cellulare, la stessa è limitata a persona di età superiore a 16 anni. Quindi chi ha meno di quella età va autorizzato dal genitore. Cosa vuol dire? Che il genitore vigila su ciò che fa il figlio.
Certo, tutti la usano anche a 12 anni, quindi? Di fatto quel numero e quell’uso è “tacitamente” autorizzato dal genitore.

Ma cosa cambia a scuola allora? Non è possibile che anche per la scuola i ragazzi creino gruppi come fanno in privato, con la collaborazione dei docenti? La creazione di un gruppo prevede che tutti coloro i quali ne fanno parte rendono disponibile il proprio numero di cellulare. Ciò vuol dire che un gruppo WA che vuole essere u surrogato di classe virtuale “obbliga” ciascun componente a fornire a tutti gli altri il proprio numero, ovvero il numero il cui titolare è il genitore. Qui già c’è una prima violazione. di privacy.
Anche il docente ha diritto a non fornire il proprio numero di cellulare agli studenti sempre per privacy. Nella creazione di un gruppo esso è conditio sine qua non.
Che cosa occorre quindi? Di certo una autorizzazione da parte di tutti i genitori i quali devono avere consapevolezza dei rischi. Che succede se uno solo dei genitori non approva? L’alunno escluso ha diritto o no a far parte della classe virtuale con WA?

I motivi su esposti bastano per evitare l’uso di uno strumento invasivo e non certo nato per la didattica. A questi aggiungerei il fatto che lo strumento non consente altro se no una comunicazione testuale, invio di foto ( dubito che ci si possa far bastare una foto sul compito), privacy sulla restituzione dei compiti i quali non possono circolare nel gruppo ma nella comunicazione 1 a 1 tra docente e studente. Insomma, WA al massimo servirà per una comunicazione del tipo: ragazzi, domani alle ore 12 c’è la videolezione di matematica. Quindi vale la pena usare uno strumento cos’ì invasivo per così poco? Sorvolerei sulle videochiamate che non potranno sostituire le videolezioni per via del basso numero di partecipanti ammesso ed per gli ulteriori problemi di privacy.

Ma quali alternative usare per la didattica a distanza? E’ consigliabile sempre usare sistemi protetti, dove le utenze son o gestite dalla scuola come GSuite, WeSchool, Microsoft 365. Edmodo ha una buona rispondenza alla privacy. Insomma, sono tutti strumenti in cui le credenziali di accesso hanno il solo scopo residente nell’uso dello strumento. Se capto l’indirizzo email di uno studente che usa GSuite e questo indirizzo è gestito dalla scuola, di certo non ho una informazione tale da contattarlo come al telefono. Quella informazione addirittura nella classe diventa necessaria al fine di favorire la comunicazione tra studenti e al solo scopo scolastico perché nasce proprio per quel motivo.

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