Privacy e minori, cari insegnanti, evitate il fai da te improvvisato nella didattica a distanza.

In questo periodo si moltiplicano le iniziative anche solitarie da parte di molti docenti che puntano a fare didattica a distanza usando vari strumenti. Ciò che spesso passa in secondo piano è l’aspetto relativo alla privacy. Poiché abbiamo a che fare con minori, questo aspetto non va affatto sottovalutato. Provo a dirimere un po’ la questione. La comunicazione mediata attraverso gli strumenti tecnologici necessita di accesso autorizzato con account. Questi account spesso sono concessi solo a utenti di età superiore ai 14 anni, alcuni chiedono che l’età sia almeno 16 o 18 anni.
Più di metà degli studenti delle scuole italiane non ha compiuto ancora 14 anni, quindi come si fa a districarsi in questo complesso sistema?
Ci sono alcune soluzioni ma una cosa è certa: evitare in modo categorico ogni iniziativa personale da insegnante. Il singolo insegnante non può e non deve gestire la complicata matassa della privacy, materia che spetta all’istituzione scolastica.
E’ quindi necessario che prima di qualsiasi attività a distanza la scuola sottoponga alle famiglie un documento in cui chiede autorizzazione per le varie attività che intende intraprendere on line specificando nel dettaglio che genere di autorizzazione richiede.
Proviamo a fare un esempio per casi d’uso. Ipotizziamo che un insegnante crei un gruppo whatsApp chiedendo a tutti gli studenti della classe di farne parte. Egli chiede implicitamente di fornire il loro numero di cellulare. Gli alunni lo fornirebbero non solo al docente ma anche a tutti gli altri componenti del gruppo. Il GDPR emanato dalla UE stabilisce che l’età minima per una utenza telefonica cellulare è 16 anni. L’Italia ha abbassato questa età a 14 anni. Domanda: che valore ha una accettazione da parte di un alunno che ha meno di 14 anni a far parte di un gruppo whatsApp con la presenza del docente? Di certo non ha titolo ad autorizzare l’utenza che sicuramente è intestata ad un genitore o comunque un maggiorenne.
Personalmente eviterei l’uso di strumenti che richiedono la fornitura della propria utenza telefonica.
Ipotizziamo adesso di chiedere agli studenti di mandarci del materiale via email. Che età è necessaria affinché si possa entrare in possesso di un proprio account? Anche in questo caso ci v iene in aiuto il CDPR che stabilisce che gli utenti di email non possano avere età inferiore a 16 anni, salvo le diverse indicazioni dei vari stati membri (maggiori informazioni le trovate qui).
La cosa si complica quando proviamo a fare videoconferenze. In questo caso chiediamo ai minori addirittura di accendere la webcam a casa loro? Con quale autorizzazione? Se non si possono usare telecamere nelle scuole per ovvii problemi di privacy, come possiamo addirittura chiedere agli studenti di accendere una webcam nelle loro case ed entrare, seppure virtualmente, dentro le loro case? Questa domanda trova risposta solo nell’autorizzazione di un adulto perché si tratta di un fatto molto invasivo che io non farei soprattutto con alunni che hanno una età al di sotto dei 14 anni.
Dunque? La matassa è alquanto complicata e di certo l’iniziativa da parte di un singolo insegnante è da pazzi, tuttavia molti la praticano. Sarebbe opportuno che ogni scuola decidesse il tipo di autorizzazione di cui ha bisogno e si facesse firmare dai genitori o tutori degli studenti ciò che serve affinché non ci possano essere problemi di sorta. Sarebbe opportuno che i docenti si attenessero agli strumenti e alle autorizzazioni menzionate dall’istituto e non a proprie iniziative. Quindi se i genitori autorizzano l’uso di email e numero di cellulare ma non è menzionato nel documento l’uso di webcam, si eviti di fare videoconferenze. Se i genitori non autorizzano determinate informazioni, sarebbe importante evitare forzature. Se alcuni genitori autorizzano ed altri no, sarebbe il caso che i docenti lo sappiano per avere la certezza di come comportarsi. Imperativo categorico: evitare iniziative personali che rischiano di essere dannose.

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